Come aiutare chi soffre di anoressia nervosa?

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Quando un disturbo alimentare entra nelle nostre vite porta molto scombussolamento, sia a colei/colui che lo vive che a chi gli sta accanto: famiglia, amici, compagni, persone care. Come possiamo aiutare chi soffre di un Disturbo Alimentare, come l’anoressia nervosa?

Ritrovarsi a stare accanto a chi soffre di un disturbo alimentare, in questo caso parliamo nello specifico di anoressia nervosa, non è semplice. Si tratta di essere presenti in un momento estremamente delicato per la persona a noi cara. Nonostante sia normale sentirsi impotenti di fronte al dolore altrui, ci sono delle accortezze che si possono avere per provare ad essere di aiuto in un momento così difficile. 

Il rapporto può divenire più complicato perché l’umore di chi sta male cambia e si manifesta spesso sotto forma di rabbia e irritabilità, specialmente nei momenti dei pasti. 

Restare nonostante tutto

Ritrovarsi “al fianco” può spaventare e far sentire impotenti, ma anche se potrebbe sembrare la via più semplice, la soluzione non è andarsene.  Anzi la cosa fondamentale per “stare accanto”, anche se potrebbe sembrare banale, è proprio quella di restare nonostante tutto

Alle volte anche la semplice presenza può essere di supporto, senza bisogno di dire nulla. 

Cosa possiamo fare?

Queste sono dei consigli che nascono dalla mia personale esperienza con i Disturbi Alimentari. Sono cose che le persone a me care hanno messo in pratica e ci sono anche cose che avrei voluto venissero fatto ma a cui nessuno nessuno aveva pensato (per questo è fondamentale che anche la famiglia sia seguita nel percorso di cura).

Prima di tutto è bene capire che i disturbi alimentari non sono un capriccio, ma un modo di esprimere un dolore molto più radicato e profondo. Informarsi e provare a comprenderne i meccanismi può essere un primo passo per essere presenti. 

Per quanto concerne l’ambito alimentare è bene non forzare la persona a mangiare (a meno di indicazioni differenti date dai clinici), non commentare il cibo proprio o altrui, non classificarlo in buono o cattivo e non commentare cosa o quanto si mangia. Potremmo provare semplicemente a condividere il momento dei pasti dando noi il “buon esempio” mangiando un pasto normale e non commentando i benefici o meno dei vari cibi, semplicemente godendo di quello che il pasto è: un momento di convivialità.

Il cibo come mezzo per raccontare il dolore

Nei disturbi alimentari il cibo è solo un mezzo, mezzo attraverso cui si esprime un dolore molto più profondo, non è il nodo centrale della malattia anche se in apparenza può sembrarlo. 

Importante è anche evitare commenti sull’aspetto fisico e sul corpo in generale, anche se vi potrà sembrare assurdo, la persona che soffre di DCA potrebbe non avere una percezione reale di come appare il suo corpo e non vedere riflessa nello specchio la stessa immagine che vedete voi. 

Per quanto riguarda l’aspetto emotivo è importante far sentire la persona supportata, non bisogna assecondare i comportamenti disfunzionali ma neanche sottolinearli continuamente, stare accanto diviene efficace di per sé, proprio in termini di presenza: supportare la persona nelle attività quotidiane, accompagnarla se non vuole andare da sola, fare una piccola passeggiata, vedere un film o una serie, e così via.

Non sospendete la vostra vita insieme, se avevate delle abitudini provate a mantenerle, magari riadattandole ma comunque dando una parvenza di normalità ad un momento che da chi soffre tutto viene percepito tranne che come normale. Purtroppo i DCA tolgono molto in fatto di socialità, si tende ad autoescludersi, a rinunciare ad occasioni sociali a causa del cibo e della vergogna per il proprio corpo, quindi provare a coinvolgere nonostante questi aspetti e le difficoltà la persona a noi cara può essere un buon modo per mostrargli la nostra vicinanza. 

Infine, ma forse è lo step più importante, possiamo chiedere direttamente all’interessata/o: “c’è qualcosa che posso fare per te?”. 

L’importanza dell’ascolto attivo

Non c’è dimostrazione di vicinanza migliore: porsi in una condizione di ascolto nei confronti della persona che soffre è fondamentale per provare a comprendere cosa vive quotidianamente. È molto importante attivare l’empatia e rivolgersi alla persona interessata con delicatezza: non accusare di pigrizia o di una scarsa volontà nel voler guarire; i disturbi alimentari non sono una questione di forza di volontà e il percorso di guarigione è un percorso lungo e complesso, spesso fatto di alti e bassi. 

Rimanere nonostante tutto è la chiave per supportare e aiutare chi soffre di anoressia nervosa. 

É importante infine sottolineare che per guarire da un disturbo alimentare il supporto dei proprio cari è determinante, ma non basta: è fondamentale essere seguiti da professionisti esperti che in equipe possano aiutare al meglio nel percorso di cura. I disturbi alimentari sono a tutti gli effetti malattie che necessitano di ricevere cure adeguate. 

Questo articolo è stato scritto da Celeste che ha sofferto di anoressia nervosa e ha messo a disposizione la sua esperienza per offrire strumenti concreti a chi oggi vive accanto a chi soffre di un Disturbo Alimentare.

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