Mia mamma soffre di un Disturbo Alimentare

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Che cosa accade quando è una mamma ad ammalarsi di un Disturbo Alimentare? La prospettiva da cui raccontiamo un Disturbo Alimentare vede, quasi sempre, un genitore che vive accanto a su3 figli3 che affronta un DCA, un caregiver che cerca supporto per una persona a sé cara che spesso è un adolescente. Eppure i Disturbi Alimentari possono riguardare anche gli adulti: i DCA sono malattie molto democratiche che non fanno alcuna distinzione di età.

In questa intervista vi raccontiamo la storia di Flavia che vive accanto a sua mamma che affronta, “fin da quando la conosco”, afferma Flavia, l’anoressia nervosa.

1. Nei racconti sui DCA si parla spesso di figli che affrontano questa malattia e di genitori che cercano di capirci qualcosa in più. Eppure capita che anche un genitore si ammali di un DCA: cosa significa vivere accanto ad un mamma, in questo caso, che soffre di anoressia nervosa?

Per quanto mi riguarda, crescere con una madre con un disturbo alimentare talmente invasivo ha confuso la mia percezione della cura e del potere nelle relazioni di affetto. Nella mia testa, infatti, i rapporti di amicizia e di amore finiscono per basarsi su una relazione tra malato e figura di “salvataggio”: ho lavorato molto con la mia terapista per arrivare ad accettare che avessi questa percezione inconscia dell’amore e soprattutto per imparare a scardinare alcune di queste dinamiche mentali. E poi penso che crescere con un genitore con DCA significhi anche un po’ dover imparare da soli a sentire di meritarsi le cose belle della vita. Anche questo è stato difficile, fortunatamente però ho avuto un papà molto positivo che in questo mi ha dato una grande mano. Spero che chiunque stia vivendo una situazione simile alla mia abbia la possibilità di affidarsi a un familiare con una forte cifra vitale come è successo a me.

2. Quali sono le difficoltà maggiori che stai incontrando?

Sto cominciando a perdere le speranze che le cose possano cambiare, che lei si voglia fare aiutare sul serio prima o poi. Ho paura di aver cominciato ad accettare che la mia mamma scomparirà del tutto, ho paura che io non riesca più a distinguere mia mamma dalla malattia.

Un Disturbo Alimentare è invadente e quando si (con)vive con una mamma che ne soffre da tanti anni ci si chiede spesso se tutto questo avrà una fine, se davvero da un DCA si possa guarire. Credo che con il giusto supporto sia possibile migliorare la propria qualità di vita ritrovare un po’ di serenità. A volte me lo auguro ancora, per mia mamma.

3. Se dovessi rivolgerti a chi come te ha un genitore che soffre di DCA, cosa vorresti dirgli?

Innanzitutto, lo abbraccerei e gli direi: “Non siamo soli”. La cosa che mi è mancata di più quando ero al liceo è stata proprio sentire che almeno qualcuno poteva capire quello che stavo provando

E vorrei dirgli di parlare con chi ne sa, di lasciarsi aiutare e non pensare di poter risolvere tutto da sola o solo, perché non è nelle nostre capacità o responsabilità: anche quando ti sembrerà che nessuno possa saperne di più di te di quello che sta succedendo nella tua famiglia, c’è sempre un aspetto problematico e importante che hai avuto sempre sotto gli occhi, ma che nel tempo hai normalizzato. Questo, con tutta probabilità, te lo può far davvero notare solo una figura esterna e quando accade il sollievo che si prova è imparagonabile, come quando ti sciogli la coda che hai tenuto molto tesa per una giornata intera e quasi davi per scontato che dovesse fare così male.

E gli direi di far vincere l’amore verso gli altri verso se stessi, di ricordarsi sempre di essere solo un essere umano in itinere e accettare che chiunque possa sbagliare.

4. Come si sta accanto ad un genitore che soffre di DCA?*

Con tanta pazienza e dolcezza, che per me ha sempre sciolto quella frustrazione dura e grumosa che vedere mia madre in quelle condizioni mi provocava. E poi con un po’ di quello che oggi chiamiamo “sano egoismo”. Un Disturbo Alimentare ti consuma: più provi a stare accanto a quello persona e più nulla sembra funzionare. Credo, per quella che è la mia esperienza, che bisogna provare un po’ della tolleranza quando si sente di aver bisogno di un momento soltanto per sé, per allontanarsi e respirare, ricomporsi e, se se la si sente, rientrare a casa. Ciò che personalmente mi ha salvata è stato proprio imparare a gestire il senso di colpa e di rabbia, imparare a lasciar sfiatare il cervello quando troppo pieno di fumo.

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