Test online per i Disturbi Alimentari: che ruolo hanno?

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Non siamo una lista di sintomi che abbiamo o non abbiamo. Non tutte le persone che soffrono di un Disturbo Alimentare hanno gli stessi comportamenti e, soprattutto, non sempre un percorso di recovery rispecchia in toto quello che troviamo scritto nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Alimentari).

Un disturbo alimentare si sviluppa in forme e atteggiamenti diversi, legandosi alle storie e alle caratteristiche personali del singolo. Per questo motivo si parla sempre di più della necessità di personalizzare i rispettivi percorsi di cura. 

Nel percorso di recovery che si fa si incontrano spesso i test per i disturbi alimentari che esplorano il tipo di rapporto che il paziente ha con il proprio corpo, l’atteggiamento verso il cibo e l’alimentazione. Ci sono poi test più specifici per le relative diagnosi di un disturbo alimentare.

Un test da solo può fare la diagnosi di DCA? No.

L’EAT-26, lo SCOFF e altri test

Nello specifico uno dei test per i disturbi alimentari di maggiore utilizzo è la Eating Attitude Test (EAT). Questo questionario è stato creato al fine di valutare una vasta serie di comportamenti e di atteggiamenti caratteristici dell’anoressia nervosa. Investiga quelli che sono i sintomi di più comune riscontro nell’anoressia. Rappresenta quindi uno strumento di screening per capire se si ha un disturbo alimentare attraverso l’indagine dei più comuni sintomi. 

C’è poi anche un questionario di screening come lo SCOFF (Sick, Control, One stone, Fat, Food) che appare particolarmente indicato per il setting di medicina primaria perché è costituito da sole 5 domande ideate per chiarire il sospetto che potrebbe essere presente un disturbo dell’alimentazione. Va comunque sottolineato che i questionari non permette di fare una diagnosi, ma solo di considerare il paziente a rischio di avere un disturbo dell’alimentazione.

Come anticipato, i test non permettono di fare una diagnosi ma forniscono indicazioni per capire se una persona può essere a rischio o meno di sviluppare un disturbo alimentare.

Quando ci imbattiamo in un test su internet o sui social media possiamo essere spinti dalla necessità di rispondere ai dubbi che abbiamo, di capire da dove nasce questo malessere, di trovare una risposta alle domande che abbiamo rispetto al nostro rapporto con il cibo.

Se da una parte il test ci fornisce una risposta immediata, indicandoci anche una direzione da prendere, dall’altra sono uno strumento che conduce all’autodiagnosi; chi tende al perfezionismo, inoltre, è spinto a compilare il questionario in modo impeccabile come se dovesse dimostrare qualcosa. È importante anche tenere presente la tendenza a falsare le risposte spesso a causa della voce della malattia oppure a non sentirsi abbastanza malat* perchè il test ci ha restituito un risultato che non rispecchia la nostra sofferenza.

“Il porre al centro la persona e la personalizzazione delle cure sono fondamentali nel percorso di recovery da un disturbo alimentare.” – afferma la Dott.ssa Elisabetta Abate, dietista dell’equipe di Comestai -”Siamo purtroppo abituati a vedere elenchi di sintomi presenti online (e nei vari testi), ma non possiamo ridurre tutto solo ad un elenco o affidarci ad autodiagnosi che non prendono in considerazione molteplici aspetti. Una persona che soffre di un disturbo alimentare non è un elenco di sintomi (che sono comunque diversi da persona e a persona) e a prescindere da un quadro di partenza che può anche essere comune, ogni persona e ogni storia sarà diversa dall’altra. È opportuno, qualora ce ne fosse la necessità e dopo un accurata valutazione in equipe, che eventuali test (di screening e/o diagnostici) siano somministrati al paziente da un professionista e che il paziente stesso sia accompagnato nel farlo.”

I test sono uno strumento utile che può essere utilizzato in terapia e che fornisce delle indicazioni di massima molto generiche che il professionista può considerare nel corso del percorso di recovery.

Ricordiamoci anche che questi strumenti valutano l’individuo in un determinato momento. I sintomi dei disturbi alimentari possono, invece,  aumentare e diminuire nel tempo (Fairburn & Harrison 2003).

Perché su Comestai non troverai test online?

Perché un test da solo, senza essere inserito in un percorso di recovery, non basta per comprendere se si soffre o meno di un disturbo alimentare. Proprio per questo in Comestai il primo colloquio è gratuito, è un colloquio conoscitivo per comprendere la storia della persona, ciò di cui ha bisogno e capire, insieme, se Comestai è il luogo giusto in cui cominciare il proprio percorso di recovery.

Ricorda: a prescindere dal risultato di un test che hai fatto, la richiesta di aiuto non dipende dal risultato delle crocette che hai messo. Un test ci fornisce delle indicazioni di massima che possono o non possono rispecchiare il tuo vissuto. Non c’è unità di misura che possa calcolare la sofferenza che c’è dietro un DCA.

Sappiamo quanto possa essere forte il desiderio di “capire” cosa ci sta accadendo, di dare un nome ai propri pensieri e comportamenti disfunzioni che stiamo vivendo. E i test, soprattutto quelli online, sembrano offrire una risposta rapida e accessibile a questo nostro bisogno, eppure non è proprio così.” – sostiene la Dott.ssa Valeria Ventua, psicologa clinica dell’equipe di Comestai – “Strumenti come questionari o scale di valutazione possono essere molto utili nel percorso di riconoscimento e cura e possono aiutare a identificare segnali di allarme, a quantificare la gravità dei sintomi o a monitorarne l’evoluzione nel tempo. Ma dobbiamo essere consapevoli che questi strumenti possono avere una valenza solo e soltanto se inseriti all’interno di un percorso clinico e se guidati e spiegati dallo sguardo clinico di un professionista qualificato.  

I test diagnostici non sono mai la risposta finale ma solo una piccolissima parte di una valutazione più ampia e complessa. I DCA non si riducono a numeri o punteggi: coinvolgono pensieri, emozioni, esperienze personali e dinamiche relazionali che un test, da solo, non può cogliere né tanto meno spiegare. La relazione terapeutica, il confronto con un professionista, permette di andare oltre il sintomo per arrivare al cuore del problema, costruendo insieme a voi strumenti per affrontarlo.”   

La necessità di strumenti di screening più inclusivi 

Per concludere, le attuali valutazioni dei disturbi alimentari sono state sviluppate soprattutto per valutare i sintomi di anoressia nervosa e bulimia nervosa, con scarsa attenzione ad altri disturbi alimentari (Cooper & Fairburn, 1987). Inoltre, sebbene gli ideali di immagine corporea siano razzializzati e sessualizzati, le valutazioni esistenti fanno scarso riferimento ai fattori legati all’identità e alla cultura che contribuiscono alla sintomatologia dei DCA, concentrando invece gli oggetti di valutazione su un’omogenea interiorizzazione di un ideale corporeo di magrezza. Complessivamente, è necessario sviluppare nuovi strumenti di valutazione dei DCA che considerino i sintomi in modo olistico, prendendo in considerazione altri disturbi alimentari e i fattori culturali legati all’identità che contribuiscono all’emergere, al mantenimento e alla presentazione dei sintomi.

Bibliografia

Alexander, T., Burnette, C. B., Cory, H., McHale, S., & Simone, M. (2024). The need for more inclusive measurement to advance equity in eating disorders prevention. Eating Disorders, 32(6), 798–816. https://doi.org/10.1080/10640266.2024.2328460

Giuseppe Vetrone, MD*, Massimo Cuzzolaro, MD**, Italo Antonozzi, MD***, Paul E Garfinkel, MD**** (2006) Screening for eating disorders: false negatives and eating disorders not otherwise specified.

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